Indulgenza ed epigrafia

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S. Giuseppe alla Lungara, al di là del Tevere e a pochi passi da Ponte Vittorio. 


Roma. S. Giuseppe alla Lungara

Un’epigrafe, esposta a mo’ di manifesto pubblicitario - come si può osservare d'altronde su numerose altre chiese - campeggia sull'architrave, riportando la seguente iscrizione:

INDVLG.PLEN.Q.PERP.P[-]O.VIV.ET.DEF.


S. Giuseppe alla Lungara. Iscrizione dell'architrave, ormai restaurato

Inutile domandarsi quanti turisti, e soprattutto fedeli, vi pongano attenzione e si cimentino nella lettura/traduzione di questo messaggio. Obsoleto il contenuto, difficoltoso lo sviluppo dell'espressione. Il lapicida è ricorso a molte abbreviazioni e ha impiegato una semplice consonante iniziale per un intero aggettivo, che si potrebbe assimilare ingannevolmente al romano SPQR; ogni parola infine è conclusa da un punto, con funzione  abbreviativa o separativa, indifferentemente. Per giunta una frattura nel marmo ha causato la perdita d’una consonante: la ‘R’  all'interno della preposizione 'pro'. 


Roma. Chiesa di S. Giuseppe alla Lungara. Dedicazione;
In honorem S. Patris Josephi Sanctissimae Virginis Mariae sponsi


Questione dell'indulgenza 
Un po' più utili alla comprensione potrebbero rivelarsi le analoghe iscrizioni di S. Nicola in Carcere a Teatro Marcello, quella sotto l'elegante cartiglio dellOratorio di Monte Savello o ancor meglio la targa in italiano nella chiesa di S. Maria in Campitelli. 

Roma. Indulgenza S. Nicola in Carcere




Roma. Indulgenza dell'Oratorio a Monte Savello



Roma. Indulgenza S. Maria in Campitelli




Ma ovunque esso sia, il testo sembra regolato dai principi della nostra telegrafia; all'insegna della massima economia di spazio, della efficacia del messaggio e del tecnicismo della terminologia. Si tratta della classica serie:

Indulgentia, plenaria, quotidiana, perpetua pro vivis et defunctis


Per comprendere appieno questa sequenza - massimale d’altronde - di aggettivi accordati al femminile e riferiti al sostantivo ‘indulgentia’, sarebbe opportuno creare la serie opposta, che sarà di conseguenza minimale: Indulgenza non plenaria, non perpetua, non quotidiana, non applicabile ai defunti.

Da premettere che i benefici di un'indulgenza - di essa si sta evidentemente parlando in questo caso - sono usufruibili soltanto da chi si impegna ad eseguire le condizioni richieste, inclusi i relativi sacrifici: in concreto si tratterrebbe sempre di viventi, sottointesi e non bisognosi d'esser dunque menzionati. Solo per una facoltà successiva, fondata sull’autorità concessa alla Chiesa di gesterli, si dichiara che quei frutti conseguiti potrebbero essere applicati anche ai defunti, in base al principio della comunione dei Santi.

Questa dunque, la forma minimale:

Indulgentia partialis, quoad pœnam remissam (exempli gratia: trecentorum dierum),

Concessio ad tempus, quoad validitatem concessionis, (exempli gratia: per quindecim annos valitura, vel usque ad…)

Quoties sit lucranda indulgentia (exempli gratia: semel in anno, vel singulis sextis feriis, vel bis in hebdomada
Quando (exempli gratia: postridie kalendas Sextiles), solo il 2 agosto, cioè della Porziuncola.

La sequenza incisa sui frontoni surriferita Indulgentia, plenaria, perpetua, quotidiana pro vivis et defunctis dovrebbe di conseguenza esser modificata nella seguente:


Indulgentia plenarie, in perpetuum, quolibet die, pro defunctis quoque


Da completare ulteriormente, volendo continuare nell’idioma latino, con queste esplicitazioni in giustapposizione discorsiva:


Hic (= in templo, in sacello, ad altare) Indulgentia lucrari potest, quacum Plenarie pœna Christifidelis lucrantis remittitur. In perpetuum concessio valitura; potius ‘Præsentibus perpetuis futuris temporibus valituris’, sicut in diplomate scriptum est (nota duplicem sensum ablativorum: absolutus prior, temporis alter). Pro singulis diebus anni et hebdomadæ hoc templum (vel hoc altare) insignitum est: Quotidie ergo indulgentia lucrari potest. Pro defunctis quoque fructus lucrans Christifidelis obtinere et applicare potest.

Sono in tal modo esplicitati e chiariti i vari ambiti concernenti quegli avverbi o perifrasi, che - per un processo retorico di enallage – son divenuti aggettivi, riferiti al sostantivo ‘indulgentia’e accordati per conseguenza tutti al femminile.
Questi i concetti, secondo la lingua dantesca:
      

         In questo luogo (= chiesa, cappella, altare) si può lucrare l'indulgenza, con la quale al fedele che ne beneficia è rimessa in maniera totale la pena da scontare per i suoi peccati, confessati e di cui ha ottenuto l'assoluzione. La concessione pontificia, così come descritta nel diploma, non ha scadenze nel tempo, ma validità perenne per il futuro. Essendo le presenti [lettere] valide perpetuamente nei tempi futuri. Inoltre la facoltà concerne tutti i giorni della settimana per l'intero anno, a scelta del fedele e per quante volte è stabilito nel diploma medesimo. Infine la persona, che adempie le condizioni richieste, beneficia ovviamente per sé dei frutti conseguiti oppure potrà applicarli per quei defunti che egli volesse.

Questo avviso pubblico, nella sua estrema concisione, annuncia insomma un complesso sistema di verità intorno alla pratica dell’indulgenza, che variava pure da un caso all'altro, accresciuto e precisato nel tempo, come si evince dalla lunga serie di Brevia et Decreta e dalla loro formulazione ripensata e sofferta. La plenaria comporta, come già detto, la remissione totale (perciò = plenarie) della pena, da scontare per i peccati commessi, confessati e di cui si è ottenuta l'assoluzione, in modo da poter ricevere la comunione sacramentale. La concessione pontificia, dettagliatamente descritta quanto a modalità nel diploma in pergamena, che non mancava mai, non aveva scadenze nel tempo, ma valore perenne (= in perpetuum). Spesso aveva invece una durata limitata, molto frequente quella di quindici anni. Le condizioni sono praticabili ogni giorno (= quotidie) nel luogo indicato, cioè chiesa, cappella o altare specifico. Per la maggior parte dei casi vi erano stabiliti solo alcuni giorni della settimana o dell'anno: diversa quindi da quella della Portiuncola, concessa solo una volta all'anno, il 2 agosto, oppure di altre lucrabili solo in alcuni giorni della settimana, più spesso ad esempio il venerdi e mercoledì. Notare ancora che 'quotidiano' si riferisce al luogo, non che il fedele possa in concreto lucrare un'indulgenza plenaria ogni giorno: a volte si dovette specificare infatti nel diploma annesso quante volte potesse farlo in un anno o in un mese, in giorni però lasciati alla sua libera scelta, se quel luogo avesse il titolo di 'quotidiano'. Infine si comunica che i suoi frutti, oltre che usufruibili dagli stessi viventi, gli unici in grado di realizzare le condizioni richieste, possono essere applicati anche ai defunti, che da soli non potrebbero operare atti salvifici validi per se stessi. Anche qui però da notare che i defunti non sono associabili simultaneamente: se il fedele ne applica i frutti per sè, è naturale che non può renderne partecipe contemporaneamente un defunto, in suffragio del quale deve compiere quegli esercizi, in funzione sostitutiva. Se poi preferisce pure una indulgenza per sè, dovrà - rispettando il lasso di tempo stabilito nel diploma stesso - ripetere l'esercizio, questa volta con l'intenzione di applicar l'indulgenza a proprio vantaggio.
Nulla è però fin qui spiegato circa gli esercizi necessari da compiere in concreto e le disposizioni richieste al fedele. Esse variano per ciascuna indulgenza offerta, secondo alcune consuetudini e necessirà nei vari secoli, per cui occorre esaminarle bene prima di intraprenderne la messa in atto, da eseguire integralmente e con la massima rettitudine interiore.
Va precisato che il fedele non deve mai presumere di poter ‘fare i conti a Dio’ e non potrà quindi avere certezza assoluta di quel che ha realizzato per se stesso con quel pio esercizio. Il suo dovere è di compiere tutto il richiesto e con le migliori disposizioni del suo animo, ma riconoscere in ultima analisi a Dio la libertà di agire secondo la sua sapienza nel concedere la salvezza. Nulla di magico pertanto, nulla di acquistato per diritto, nessun calcolo matematico-scientifico da parte dell’uomo per ciò che Dio deve decidere e concedere. Egli agisce con gratuità ed è l’unico ad aver presente il reale stato dell’anima umana e quando in essa è veramente tutto in ordine.
Considerare infine che ‘i registri dell’uomo’ non si possono ritenere conclusi finché gli è data facoltà di agire o - almeno - di intendere e di volere, poiché in quelle condizioni conserva ancora la capacità di poter modificare il suo stato.
Sequitur

Fin qui la dottrina storica, come intesa dalle espressioni epigrafiche.

Seguirà uno specimen di casi nella diplomatica pontificia, dei secoli scorsi.

Sarà spiegata infine la dottrina attuale e la maniera di praticarla, soprattutto in vista del presente Annus fidei.

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