De Romano Pontifice sibi resignante



Da Chronicon
11 febbraio 2013, lunedì. Giornata di memoria mariana: quasi ovunque è presente una grotta imitante quella di Lourdes. Nella chiesa di S. Rocco, a Roma, poi l’intera prima cappella di sinistra è trasformata in aspetto montano, per ospitar la statua secondo l'icona dell’apparizione a Massabielle.
Ma soprattutto si celebra l’anniversario del Concordato del 1929, per cui avevo già controllato, in AAS di quell’annata, gli immobili extra-territoriali detenuti dalla Sede Apostolica, stabiliti con una cartina specifica della città di Roma. Mi era venuta la curiosità nel maggio 2012, quando volevo indagare dove fosse ubicata la casa sul Gianicolo, che si vociferava [R.P., già Presidente della Regione Lazio] avesse acquistato propria come dal Vaticano, che ne era proprietario. Notizia sentita nei corridoi dell'ASV e mi ero domandato subito: 'Possibile che il Vaticano avesse proprietà pure sul Gianicolo?'. Escludendo eventuali grandi immobili come i Collegi di Propaganda Fide, Americano, Ucraino, che certamente non potevano essere alienati. Cosette private, insomma, ma - mi chiedevo - previsti nei trattati Lateranensi? Mi ero accorto che la cartina recensiva molto meno 'palazzi' di quel che si sono annoverati in seguito come 'extra territoriali'.
Tuttavia questa notizia passò immediatamente in second’ordine nella mia mente, soffocata da quella di stamattina quando papa Benedetto XVI nel corso dell'odierno Concistoro, ad un certo punto annunciò le sue intenzioni di dimettersi dal suo ruolo di pontefice, stabilendo pure la data del 28 febbraio prossimo alle 20h00. La notizia ha lasciato ovviamente tutti col mozzafiato, dal mondo ecclesiastico a quello giornalistico, dal più prossimo a quello più remoto rispetto agli ambienti vaticani.
Alle 11h46 la nuova – veramente nuovissima – l’ha fatta da padrone su tutti i media del globo; per l'intera giornata non si parlò quasi d'altro.
In programmi popolari radiofonici si invitò per lungo tempo anche il pubblico ad esprimere il proprio parere e le risposte furono le più disparate, per lo più non fondate su motivazioni scientifiche o in qualche misura giustificanti: insomma i giudizi erano davvero d’opinione e opinabili.
Le note che seguono non concernono in alcun modo le persone, ma l'Istituzione in sé e il sostegno che i fedeli si attendono da essa.

Emeritus
Iniziamo dal progetto per il futuro, che fu contemporaneamente annunciato e commentato da p. Federico Lombardi della Sala Stampa Vaticana. Esso induce a falsi entusiasmi. Si esclamò, con la più superficiale ingenuità: «Che grande umiltà e quale luminoso esempio per tutto il mondo, da parte di un papa, che non solo si dimette, ma si ritira finanche in un convento allo scopo di pregare per la Chiesa!».
Difatti – si diceva - dopo il 28 febbraio il papa si recherà a Castelgandolfo, finchè - sempre nel recinto Vaticano - sarà approntato un appartamento in quell’immobile, che fino a qualche mese fa ospitava un gruppo di suore claustrali e successivamente allontanate.
 Il primo pensiero va a Pietro da Morrone (Celestino V), il quale, abdicando dal pontificato (5 luglio - 13 dicembre 1294), non si riservò privilegi e senza che il successore Bonifacio VIII d’altra parte glie ne permettesse, come mostrerà subito l'infelice esperienza di Fumone. Di conseguenza, se un papa volesse terminare i suoi giorni in un convento, dovrebbe farlo in un convento vero, per seguirvi vita religiosa, tenute presenti ovviamente le condizioni di anzianità e malattia in cui possa trovarsi. A tal proposito non comprendo perché dalla Sala Stampa si ribadisce con forza e accanimento che non si tratta di malattia e che non da motivi di salute sia causata la rinuncia al pontificato.
Che restare in Vaticano e condurre vita da solo o esclusivamente con chi si vuole non sia definito – per favore ! - vita religiosa da convento: si tratta solo di privilegio autoproclamato. E in ogni caso bisognerà necessariamente rimettersi alla volontà di colui che sarà successivamente in carica, il quale deciderà secondo opportunità e convenienza, come per tutti i casi di emeriti: cardinali, vescovi e presidenti delle Nazioni. D’altronde anche per Mons. Stanislao, segretario di Giovanni Paolo II, già vescovo, fu decisa una destinazione molto lontana dal Vaticano.
Anche in questo caso occorrerà una nuova clausola nel CIC o almeno fra le norme di Curia, come per il De Romano Pontifice eligendo. Ma mi domando pure per quanto tempo durerà questo eventuale ‘intralcio’, per due motivi principali [...] di cui il secondo quello andreottiano [...].

Resignatio
E quanto al gesto di dimettersi, resignatio o recusatio nei confronti di se stessi. Anche qui l’esperienza storica e archivistica mi giova non poco. Ogni papa imprime nei suoi atti prodotti, in questo caso quelli visibili in ASV, una propria psicologia, che rivela un carattere più o meno coraggioso. Quanta abilità o timori nel concedere indulgenze nei secoli successivi all’avvento del protestantesimo si nota ad esempio nella carte Brevia et Decreta da me catalogate, fra quelle della Congregazione per le Reliquie e Indulgenze!
Affini a questo caso si possono elencare per il passato i cinque papi resignantes, i nove papi deposti, il papa eletto per tre volte, cioè Benedetto IX.
Fra i resignantes nessuno si è trovato in condizioni analoghe a queste del 2013; allora le circostanze storiche e le pressioni del potere civile o anche di fazioni delle varie famiglie nobili aspiranti giocavano un ruolo forte e decisivo.

Il clima riservato invece  alla Sede Apostolica nei tempi attuali, tanto al suo interno, quanto all’esterno è tale per cui si deve affermare che questa volta si tratta in effetti del primo caso in assoluto!

Synergia
È risaputo che la perfezione non può esistere sulla terra.  Ebbene, qualcosa che la rasenti però può essere individuata nel proporzionato equilibrio fra monocrazia, oligocrazia (in termini più usuali, ma pure più equivoci monarchia e oligarchia) e pantocrazia venutosi a creare nel Regimen della Chiesa cattolica, non riscontrabile senza dubbio  in nessun'altra istituzione sociale umana.
Penso che questo dato sia pacifico per tutti. Equilibrio evidentemente raffinatosi col tempo e frutto di vari ripensamenti.
Esso è presupposto sin dal principio al momento dell’elezione, poichè la scelta del papa nel conclave è frutto della decisione di una collegialità e, di sicuro, l’accordo dei conclavisti - nonostante la loro previa intesa, onde non disperder voti e prolungare oltre misura il conclave stesso - è un fatto straordinario. Alla fin fine ciascuno vota nel segreto della propria coscienza, per cui potrebbe a rigore anche prescindere dalla parola data, senza alcun rischio materiale. Mi riferisco all’esperienza dei secoli passati.
Mi immagino che ciascuno scriverà in quel caso il nome dell’uomo ritenuto più idoneo per quel momento particolare. Come d’altronde avveniva anche nel passato, quando i motivi erano diversi e dettati dalla necessità impellente di ristabilire equilibri politici, di rappacificazione fra i popoli o fosse pure di difendere a spada tratta i  diritti ecclesiastici, compresi i loro beni e spazio terreni.
Benchè da parte di alcuni si scriva malevolmente riguardo ai conclavi del Medioevo, il principio della libertà di coscienza resta sempre valido. Avesse pure già ricevuto dei doni, cosa rischierebbe un cardinale che non rispettasse la sua parola? Il dono era ormai suo. Resterebbero dei margini circa quei doni o posti curiali, semplicemente promessi dall’aspirante pontefice e che lasciasse inscindibilemnte connessi con la sua reale elezione. Nel concreto, supponendo una pur minima dose di ragionevolezza, sia per la promessa come per l’attesa, casi simili dovrebbero essersi ridotti davvero a pochi nel corso della storia.
Una promessa da ‘mare e monti’ scoraggia l’uno e rende ridicolo l’altro. E per una promessa di poco rilievo non converrà votare una persona che a causa della sua incapacità lascerà la situazione allo sfascio! È da presumere che la coscienza abbia dettato il giusto.
Il prescelto diventa - ad elezione canonicamente avvenuta - fons princeps delle decisioni, la somma autorità, il summus iudex a nemine iudicatus, cui tutti gli altri - elettori compresi - devono adeguarsi. Verrebbe voglia di gridare alla magia, della singolare bacchetta!
E nonostante tutto Costui - va ribadito - non ha diritti da dittatore: innanzitutto deve muoversi nel rispetto delle numerose normative canoniche, potendo sgarrare solo in pochi elementi particolari e non presi insieme: come avvenne per l’uso dismesso della tiara e della sedia gestatoria. Deve inoltre riservare – secondo logica - una particolare sensibilità e rispetto verso le persone precedenti, fossero anche a lui ‘nemiche’.
Insomma assume il ruolo di un Monocrate, ma in continua dipendenza dalla Oligocrazia dei vari dicasteri, dei relativi cardinali prefetti o dei particolari consiglieri, che costituiscono il Sacro Collegio.
Dispone ovviamente d’ampio spazio per imprimere una propria impronta alle vicissitudini e realtà del suo tempo, ma non potrà in alcun modo ‘strafare’. Non può abusare, né rischiare di agire da insensato, per sua fortuna, e di tutti. Ed infine, qualora non bastasse questa ‘siepe vaticana’, sempre lì vigilante è il sensus fidelium, si prescinda per il momento se sia fidei, del mondo intero. Di amici e di nemici, di estimatori e di sprezzatori che siano, cioè la Pantocrazia! (o Olocrazia?).

Quanto ai suoi compiti non gli si domanda neppure l’energia necessaria per cavalcare un Bucefalo come Alessandro Magno per entrare in Babilonia o proteso alla conquista delle Indie; ciò che richiederebbe di fatto e quotidianamente abilità d’equitazione, acume tattico e salute di ferro, oltre che coraggio d’animo.
Egli è invece un 'monarca' che volendo non è mai solo: se si preferisce non scomodare la presenza dello Spirito – anch’esso evocato in questi giorni da certa stampa, per lo più in tono sarcastico e sprezzante - la realtà collegiale dovrebbe esser sufficiente perché non commetta danni irreparabili. Si aggiunga tuttavia la libertà a lui riservata di affiancarsi la persona o le persone più fidate che possa desiderare e di sostituirle come e quando volesse.
Quale mirabile equilibrio – ripeto – si è creato attraverso l’esperienza dei due millenni, in continuo ripensamento, adattamento e perfezionamento!
Mentre pure per quanto riguarda l’Esterno, la realtà è ben equilibrata. In particolare dopo il Concordato del febbraio 1929: pontefice sicuro e sovrano nel suo modesto territorio vaticano (che in ambiente ASV si insiste nel non definire romano, ma vaticano!), attorniato dai vari organi essenziali competenti in immobili extra-territoriali e con nunziature ed episcopati collocati in tutto l’orbe abitato.
Nessuno Stato che si senta realmente minacciato da quello Vaticano; nessun svantaggio nell’essere in sintonia per mezzo d’una Delegazione o Ambasceria permanente presso questo minuscolo Stato.
Un Capo di Stato, il papa, libero di andar dovunque nel mondo, libero di accettar chiunque in casa propria. Quante Nazioni sono oggi realmente ostili, con motivazioni che non siano preconcetti, alla Santa Sede?

Si ipotizzi pure che siano maturi i tempi, anche per il papato, di radicali mutamenti, come dichiarato da alcuni, ormai constatabili per le società umane: primo fra tutti che la sua autorità non sia teocratica o proveniente dall’Alto, concetto ampiamente superato per l’amministrazione terrena delle società, in cui il principio del sangue blu non ha ormai valore alcuno.
Ebbene tale principio per il papa è già realizzato nel momento della sua elezione. Ormai chiunque in conclave può essere scelto, qualunque sia la sua condizione sociale d’appartenenza, senza che si badi al censo, al lignaggio o alla rinomanza del casato; nessuno penserebbe ai classici Borgia, Della Rovere, Borghese, Barberini, Pamphili, Chigi, se pure esistessero.
Resterebbe allora l'unica preoccupazione di riscontrare in lui i requisiti di energia e vitalità costante, mancando le quali dovrebbe mettersi da parte. Ma potrà essere e fare il papa pure da ammalato, occasionalmente o per lunghi tratti, potrà delegare e farsi rappresentare. Potrà inviare persone ordinarie della Curia, secondo una competenza specifica o anche straordinarie, di sua fiducia, pro unica vice tantum.
 A dispetto della umiltà e semplicità evocata, anzi bombardate in questi giorni dai media, mi pare che in tal modo si sottintenda invece un tacito ruolo ‘monarchico assoluto’ se non addirittura ‘dittatoriale’ per l’operato di un papa, nonché una visione esclusivamente di natura terrena dell’istituzione che dirige. In definitiva, anziché di un carattere di umiltà, tale scelta assumerebbe quello della presunzione: un misconoscere il contributo della Communitas (Collegium et Ecclesia) e un prescindere dalla natura soprannaturale della medesima.
 Cosa inaccettabile, sia a motivo della procedura seguita dai conclavisti per l’elezione, sia per l’ausilio offerto nel prosieguo del tempo da parte del Sacro Collegio e dei vari Dicasteri ecclesiastici. E trattandosi di una realtà non semplicemente umana e terrena, si può invocare a giusto titolo un’assistenza dall’Alto, espressa se non altro nel sensus communitatis Ecclesiae.

Imposterum
Ma ammesso pure che…!
Che se poi in seno al Sacro Collegio d’ora in poi prevalesse questa ‘apertura’, per cui le dimissioni d’un pontefice fossero accettate come fatto normale, si dovrà rivedere la De Romano Pontifice eligendo, per non relegare ad interpretazione soggettiva la maturazione dei tempi di scadenza. Occorrerà stabilire un periodo esatto in anni, in vista del mandato o per l’età, onde non far dipendere dal variabilissimo umore individuale il giudizio di ‘aver la forza e l’età sufficiente o meno’. Quanti dichiarerebbero in tutta onestà di esser vecchi e inabili? E d’altronde ogni controparte avrebbe interesse e portar ragioni per dichiarare vecchio e inabile il proprio avversario. Stabilire una fascia d’età, mi sembra più difficile: occorre una maturità (non troppo giovane), e nello stesso tempo bisogna abbassar la soglia. Ma di quanto?
Un quadriennio o settennio, come per un presidente di Stato, sarebbe un’accettabile soluzione. Preferibilmente di tipo statunitense, secondo il quale il presidente, mentre è in carica, ha funzioni quasi ‘papali’ (caspita non si può più prescindere da un linguaggio standardizzato e ormai proverbiale!), ma che alla sua scadenza diventa un comune privato cittadino.
Bisognerà aggiungere inoltre un codicillo De ex-pontifice assistendo et sepeliendo.
Dove dovrebbe abitare? Non certo tutti in Vaticano, specialmente se gli emeriti fossero più di uno e in sufficiente vitalità! Quale trattamento va riservato ad un ex?
Trattandosi di un primo caso, sembra naturale che l’interessato abbia potuto stilar da sé il suo progetto per il futuro, compreso il suo stile di vita, ma per una pluralità di casi, tutto va regolato con canoni ad hoc.
Infine circa la sua sepoltura: avranno tutti gli stessi diritti, di un pontefice rimasto fino alla fine, cioè che termini i suoi giorni da pontefice e non da ex-pontefice?
Differenziazione postulata, anch'essa, esattamente a motivo della particolare natura del pontefice: il fatto di amministrare non uomini semplicemente intesi tali, ma dei Christifideles; di essere a capo cioè di una Societas non esclusivamente terrena, quale presupposta dal potere civile, ma di una Ecclesia, contemporaneamente presente qui e ancorata nell’Eternità, in continua tensione fra terra e Cielo.
La sua Potestas, anche al massimo vertice, non è esercitata a mo’ di monarca, ma con l’ineffabile ausilio dello Spirito e il sostegno della Ecclesia, rappresentata più concretamente da un Collegio speciale, ma con ripercussioni e risonanze in tutto e da tutto l’Orbe cattolico.
Per tal motivo – direi – quella di un pontefice non può definirsi semplicemente una attività durante gli anni di servizio, ma uno status; non concerne i suoi atti esterni decisi e prodotti, ma l’intero suo essere, completamente pervaso dalla sua missione, testimoniata in qualunque contingenza della sua età e del suo stato di salute.
La verifica per una visione diversa - o antagonista - andrebbe proposta dunque in un'assemblea di pre-conclave, se non addirittura conciliare, come avvenne per numerose altre questioni, anche di natura non dogmatica, presentatesi nel passato.
sequitur


Nessun commento:

Posta un commento