Ego rogavi pro te... Il conclave 2013

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13 marzo 2013

Ego rogavi pro te, ut non deficiat fides tua; et tu, aliquando conversus, confirma fratres tuos

Questa preoccupazione del Maestro nei confronti di Pietro è tramandata solo dall'evangelista Luca (22,32), nella descrizione della fuga dei Discepoli di fronte all'imminenza della Passione del Signore, raccontata invece da tutti e quattro i vangeli.
L'espressione latina quale immediatamente percepita sembra avere il significato d’una proposizione finale negativa:
Io ho pregato per te, affinché non venga meno la tua fede; e tu, una volta rafforzato, conferma i tuoi fratelli
E questo è il senso abitualmente offerto dalle traduzioni moderne. Tuttavia manca la consueta congiunzione 'ne', che si richiederebbe nel caso della finale e viene utilizzato ‘ut non’, che è proprio del senso consecutivo.
 Si tratta d’un errore del traduttore dal greco e diffuso dalla Volgata? Sembra indecoroso affermarlo. Si potrebbe pensare immediatamente ad una variante testuale o ad un’eccezione nella sintassi latina. 
Oppure che l'intento dello scrittore fosse positivo in prima istanza, per cui si introdusse subito la congiunzione 'ut', mentre il 'non' apparterrebbe alla semantica del verbo adoperato, di chiaro aspetto negativo con un ‘non’ inserito in un secondo momento. Come se Gesù avesse voluto dire: Ho pregato per te, che tu possa professare la tua fede. Consapevole però della 'poca fede' di Pietro, oligopistos, e del suo prossimo rinnegamento, sfuma la preoccupazione, minimalizzandola quasi a contentarsi semplicemente che nell'Apostolo non diminuisca o non cessi del tutto la fede.
Si potrebbe però optare per la sfumatura predetta, che rispetterebbe appieno la sintassi latina, quella cioè di trovarci di fronte ad un’originaria proposizione consecutiva, pur mancando nell’apodosi la particella solita ita, sic, adeo.

Io ho pregato per te e certo non verrà meno la tua fede; e tu, una volta rafforzato, conferma i tuoi fratelli

 In fondo se Gesù in persona prega e intercede per qualcuno, come si potrebbe non attendersi il risultato certo? Esso non può che essere sicuro e garantito. Per conseguenza non verrà meno la fede di Pietro! Sfumatura consecutiva, dunque, sia per fondamento teologico che per forma sintattica. Per la medesima ragione è spiegata pure l’assenza della particella nell’apodosi: il Figlio di Dio non prega sic, ita, adeo, cioè con maggiore o minore intensità: prega e basta, quanto occorre per la realizzazione della domanda!

Resta l'ultima ipotesi, più semplice, che cioè il traduttore latino abbia voluto lasciar distinte - mot-à-mot - le due congiunzioni presenti nel testo greco: 'hina' (= affinché) e 'mè' (= non), ambedue distintamente espresse, come lo sono nell’originale, laddove però sono regolarmente attese, in quanto occupanti la loro normale posizione, secondo la lingua ellenistica.
Avremmo, in ultima analisi, una genuina proposizione finale negativa nel testo greco, dettata dalla maniera terrena di concepire la struttura della sintassi, ma il traduttore latino ebbe difficoltà a considerare tale, a motivo della particolare dinamica teologica di quella preghiera. Vi introdusse perciò la complementare sfumatura consecutiva, probabilmente già presente nella fase di oralità, pre-greca.
Sarebbe emersa cioè al momento della stesura in greco l’esigenza di far quadrare la sintassi e i concetti da esprimere e si preferì la dinamica umana secondo cui l’azione di ‘pregare’ precede quella di ‘ottenere’, con funzione di finalità; questa fu la scelta per il testo greco. All’atto di tradurre in latino si ripropose la questione, se non sulla base di qualche testimonianza nella tradizione manoscritta, almeno nella mente del traduttore, il quale introdusse la consecutiva.

Basilica di S. Pietro in Vaticano
Portandosi nella navata centrale della basilica di S. Pietro presso la grande porta del Filarete, alzando lo sguardo in alto, si può osservare questa espressione in latino, a caratteri cubitali e a 20 m d'altezza, che interessa l'intero lato di sinistra per chi entra in basilica (per questa chiesa non sarebbe univoca l'espressione in cornu evangelii, a causa della posizione e uso dell'altare papale). Notare inoltre l’aggiunta del vocativo 'Petre' rispetto al testo tramandato nel vangelo:

Ego rogaVi pro te Petre Vt non deficiat fides tVa
et tV aliqVando conVersUs confirma fratres tVos

E ogni volta che l'ho letta e riletta mi sono interrogato se si trattava di una proposizione finale, come si preferisce nelle traduzioni bibliche moderne o piuttosto di una sfumatura consecutiva, come qui sopra ipotizzato e spiegato. La forma latina induce a pensare indifferentemente le due ipotesi: che l’autore abbia ridotto a senso finale una proposizione originariamente consecutiva, omettendo la particella dell’apodosi, o - viceversa - che un'originaria proposizione finale, concepita ed espressa alla maniera umana, che presuppone un ‘più o un meno’ e ‘un prima e un dopo’, assumesse in seguito sfumatura consecutiva, preferendo non adottare la congiunzione ‘ne’ nella protasi per lasciare la ‘ut non’.
Un equivoco o, per dir meglio, un’ambivalenza risultante dal fatto di aver unito insieme la maniera di esprimersi fra gli uomini, dove la preghiera precede l’atto di ottenere, e la natura particolare della ‘preghiera’ teologica di questo caso, in cui le categorie umane non entrano in gioco.
 
Il conclave
Dopo l'ingresso in conclave di ieri pomeriggio, martedì  12 marzo, i Conclavisti procedettero subito a una prima elezione; i cardinali votanti erano 115 e si richiese il suffragio dei due terzi, secondo la Costituzione Uniuersi Dominici gregis del 1996. Il medesimo documento stabilisce inoltre che qualora la cifra non risultasse  esattamente divisibile per tre, ai due terzi ottenuti vada aggiunta una unità. E' proprio questo fu il caso attuale: il numero 115 non è precisamente ripartibile per i due terzi e a 76 va aggiunta una unità, dunque 77.
Nel primo scrutinio di ieri sera, questo numero non era stato evidentemente raggiunto. È di norma inoltre che a fine giornata - e a fine mattinata - tutte le schede usate debbano esser distrutte, alla maniera antica e con il fuoco, senza possibilità di introdurre il moderno elettrodomestico 'Distruggi documenti'. Il fumo che esce dal comignolo sarà nero, poiché - non essendo stati raggiunti i 77 suffragi - non vi risulta persona eletta. "Fumata nera", dunque.

Nella mattinata del giorno seguente si può procedere ad altra elezione; se un nominativo raggiunge il numero dei suffragi predetto, costui è papa. Si bruciano le schede, ma addizionandovi una sostanza da provocare un fumo bianco, per darne avvertimento ai presenti esterni, che attendono in piazza. Se nessuno raggiunge il numero di voti prescritto, si procede ad una seconda votazione. E con questi due atti si arriverà verso la fine della mattinata; grosso modo all'orario di chiusura di un comune ufficio.

Se questa volta, cioè nella prima o seconda votazione, si raggiunge il numero richiesto, l'avvenuta elezione sarà comunicata all'esterno, bruciando le schede d'ambedue gli scrutini, aggiungendo la tipica sostanza per provocare una fumata bianca. Così procedendo, con due scrutini al mattino e due al pomeriggio si potrebbe arrivare al terzo giorno, con un totale di sette scrutini.

 Ex experientia
Non procedo a considerare cosa sia prescritto nel caso in cui per sette volte la fumata debba esser nera e vengo ad un personale particolare concernente l'attuale conclave.
Al mattino di mercoledì 13 marzo ero stato regolarmente a lavorare in ASV e nel momento di uscire avevo pensato di passare in piazza S. Pietro, per soffermarmi ad osservare il comignolo. Devo andare a ritroso dall’uscita S. Anna in Via di Porta Angelica verso P.za del S. Uffizio, passando accanto all’obelisco – percorso per me quotidiano, esattamente opposto a quello antico e altrattanto abituale per il Cardinal Ratzinger prima del 2005 - e riprendere infine un autobus a Porta Cavallegeri che mi permetta di attraversare il Ponte Duca D’Aosta.
Al momento di ritirar la chiave al banco, il personale di Sala dell’Archivio mi disse che l'evento era già accaduto e il fumo era stato nero anche per questi due scrutini del mattino.

Nel pomeriggio vi sarebbero dunque altri due scrutini possibili, a meno che non si raggiunga il numero richiesto al primo di essi, poiché in tal caso si annuncia subito l'avvenuta elezione mediante il fumo bianco.
Sono le 18h45 e si è certamente verso la conclusione del secondo scrutinio di questo pomeriggio, poiché del primo non è stato comunicato nulla all’esterno, per cui non si è raggiunto il numero dei due terzi. Mi decido a fare una capatina, quasi per curiosare sui presenti in piazza, dove fra 45 minuti deve apparire il segnale dal comignolo, poiché a sera le schede vanno distrutte e dopo il quarto scrutinio in assoluto non è stato comunicato nulla. Dopo il quinto scrutinio a fine giornata si vedrà che tipo di fumo daranno le schede da bruciare.
Attraverso il ponte Duca d'Aosta, senso unico per le automobili e imbocco Via dei Penitenzieri, raggiungendo presto p.za Pio XII. Vi sono barriere metalliche custodite da polizia e carabinieri. Possibile che la piazza S. Pietro sia piena? Perchè non fanno passare? Beh! si potrebbe, ma bisogna sottoporsi al controllo. Non che io tema questo Detector, visto che non ho portato nè apparecchi fotografici, nè altri strumenti tecnologici. Piuttosto mi chiedo perchè imbottigliarsi nella folla, con conseguente difficoltà d'uscita, avendo anche premura di applicare i farmaci in orari precisi.

Intanto piove leggermente e tutti hanno ombrelli aperti che vuoi o non vuoi impediscono a tratti la vista sia della loggia centrale, come dei megaschermi e del comignolo. Ero venuto per curiosare e quasi certo di una fumata nera, ma ormai preferisco aspettare. Alle 19h06 un boato: il comignolo comincia a fumigare, di “fumo decisamente bianco”, osserva qualcuno dei presenti. Si conferma: “Sì è bianco, inequivocabilmente bianco”. “Se hanno fatto così presto, hanno scelto l'italiano, certamente Scola”. “Sì il papa è Scola”. “Scommettiamo che è Scola?”, sono le battute che si rincorrono da una bocca all’altra. “Tanto fra mezz'ora lo sapremo. Il tempo di vestirlo e tutto quanto...” ripeteva qualcun altro, con aria da saputello.

Quaranta minuti al massimo e lo vedremo. Le campane della torre campanaria suonauano intanto a distesa, il campanone da 100 quintali sembrava slanciarsi uerso di noi e aggredirci. Tutte le luci accese; eccetto quelle del secondo piano della facciata di S. Pietro, cioè a livello della loggia, già addobbata di rosso e da dove si affaccerà. Le guardie delle transenne decidono di aprire dei varchi fra le barriere e farci entrare in piazza senza i controlli dei metaldetector. Io arrivo nei pressi dell'obelisco, preferendo non avanzare troppo, poichè uno spiluncone che si piazzasse davanti ostacolerebbe la vista; da lontano sul pendio si vedrà meglio. Innumerevoli i commenti; Un gruppo di giovani, di tipo germanico, parlano chiassosamente e immagino che raccontassero barzellette, perché provocano ogni volta delle risate scroscianti. Verso le 20h10 si accendono le luci del secondo piano a livello della loggia. Appare il cardinale per il classico annuncio: "Gaudium magnum .... Habemus papam. ... Franciscum"!

Chi? Ma nel sito Habebimus papam, che avevo consultato giusto prima di uscir di casa, non figura fra i primi dieci questo strano cognome.  Un ragazzo si avvicina a me per chiedermi la sua identità; rispondo che non ho capito il cognome, a meno che sia stato pronunciato male. Osserua nel suo IPod, e scatta: “E' l'Argentino; quello che aveuo detto io”! Passano ancora altri dieci minuti e si uede che qualcuno scosta le tende bianche d'un balcone a fianco alla loggia. Poi si apre il sipario rosso e bianco della loggia stessa, che era stato richiuso dopo il primo annuncio e appare la croce astile processionale, i cerimonieri e lui uestito di bianco. Un attimo d'attesa, quindi: "Fratelli e Sorelle" (piccola pausa) "Buona sera!". Uh! che fantasia per trovare un saluto accattivante! Peggio del "Sicuro" che secondo il Manzoni avrebbe detto il Sarto al Cardinale Borromeo, rammaricandosi che solo 'del senno di poi son piene le fosse’.
Continua con semplicità. Chiede una preghiera, che intona lui stesso: il Pater, poi l'Ave, infine pure il Gloria.  

Ego rogavi pro te, Petre
Quindi qualcosa per la folla, che lo ha accolto affettuosamente e ha atteso sotto la pioggia: La benedizione papale, appunto. "Io vi benedico, ma prima vi chiedo un favore...".  Ma come, ci ricatta pure? Cosa può volere da noi? Forse pretende che prima di benedire noi, noi dovremmo benedire lui! E già: Do ut des! Ma su quale autorità potremmo noi benedire, per giunta un papa?
Poi diventa più chiaro: "Vi chiedo il favore che prima voi preghiate che Dio benedica me", piega la testa e appoggia le mani sulla balaustra di travertino della loggia. Un prodigio inimmaginabile. In quel momento, tutte le migliaia di fedeli della piazza e di Via della Conciliazione osservarono ciò che potrebbe definirsi ‘un minuto di silenzio’, come si pratica negli stadi sportivi. Tuttavia mai colà così stupendamente riuscito, pur con inferiore numero di presenti. Non una mosca, non una zanzara, ma nemmeno “Una formica nera, che nella notte più nera camminasse sopra un marmo nero e che Dio vedrebbe e di cui sentirebbe il rumore delle zampette”, si percepì nella piazza. Tutti avevano esaudito meravigliosamente quel desiderio espresso dal neoeletto pontefice

Nos rogaVimVs pro te, Francisce
Sequitur

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